sabato 10 gennaio 2015

Dentro la chiesa di Marillac


Dentro la chiesa di Marillac
La voce di Padre Scordato copre le altre voci dentro la chiesa di Santa Luisa di Marillac, che accoglie le spoglie di Agnese Borsellino col suo numeroso e rumoroso accompagnamento Istituzionale. “Pensavo a una celebrazione familiare, ma ho capito che la vostra famiglia è così grande che comprende tutta questa gente e tanta altra ancora”. Comincia l’omelia Padre Scordato, e subito cita Padre Puglisi, il prete assassinato dalla mafia 20 anni fa, che campeggia in una gigantografia alla sua sinistra, dietro l’Altare. “Ognuno di noi deve fare la sua parte”. Dall’altra parte dell’Altare c’è la statua di Gesù Cristo. Di fronte, Don Scordato ha una chiesa gremita. I primi posti, un po’ alla sua sinistra, sono occupati dai figli di Agnese Borsellino, Lucia, Manfredi e Fiammetta, con mogli e mariti, subito dietro ci sono Salvatore e Rita Borsellino, sorella e fratello del magistrato ucciso ventuno anni fa. Di fronte, appena sulla destra, guardando sempre dalla prospettiva di Padre Scordato, dall’Altare, ecco i primi blocchi istituzionali col Presidente del Senato Pietro Grasso, il ministro dell’Interno Angelino Alfano, il ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri e il presidente della Regione Rosario Crocetta; in seconda fila si scorge il senatore Beppe Lumia, ancora più a destra ma in prima fila Leoluca Orlando, dietro di lui il procuratore Roberto Scarpinato, il rettore Roberto Lagalla e il vice coordinatore nazionale di Futuro e Libertà e di quel che rimane di Fini: l’ex parlamentare Fabio Granata. In mezzo, sparigliati, i vertici della polizia col vicecapo Alessandro Marangoni, poi questori, prefetti, pezzi e pezzetti dello Stato tutti sorvegliati da vicino dagli uomini delle scorte che tendono come un arco la chiesa di Santa Luisa di Marillac. Un arco che sembra formato da due parti, due blocchi, preesistenti, predeterminati: da una parte le Istituzioni, la politica e la sottopolitica, dall’altra parte la famiglia Borsellino con gli amici e tanta gente, la gente, la gente comune, la cosiddetta “società civile”. Arrivano incessantemente sin da prima della funzione, stanno composti, “sentono” che forse è una storia che si chiude. Si mettono dove trovano posto, abbastanza indietro, perlopiù, i loro sguardi si incrociano con parenti e amici della famiglia Borsellino. Pure loro dove trovano posto. In questa particolare giornata che sembra accogliere e raccogliere uomini e donne da mondi diversi. Mondi che non si incontrano mai e che quando lo fanno in realtà si scontrano. Come gli sguardi del procuratore Sergio Lari e del ministro Alfano, un attimo appena, un saluto accennato, poi la testa ritorna in asse col corpo, ognuno nel suo blocco: di fronte l’Altare, a sinistra, dietro la famiglia Borsellino, c’è Lari, a destra, fra le Istituzioni, Alfano. Rimbombano le parole di Padre scordato: “Agnese ha dato molto e aveva ormai esaurito tutta se stessa, diceva” “Ho dato mio marito”… Anche per questo – continua Padre Scordato - “Sia fatta verità. Dobbiamo avere il coraggio di cercarla. Perché il martirio non vada sprecato”.  “Ascoltaci o signore”, e si contrae il labiale del Presidente del Senato, quasi una smorfia, in un sussurro, a pochi passi da Salvatore Borsellino che sembra impenetrabile e che subito dopo la morte della cognata ha sibilato: “Adesso finalmente Agnese saprà la verità”. “Scambiatevi un segno di pace”. Ma i due blocchi rimangono separati, distanti. La famiglia Borsellino si stringe si abbraccia si da forza, compostamente. Le Istituzioni si guardano si girano si compiacciono magari senza volerlo, fisiologicamente, sono potenti, spingono i bottoni ma restano soli. In altri contesti si direbbe che se la suonano e se la cantano. Qui, si avverte l’imbarazzo. Solo il sindaco Orlando prende e va ad abbracciare la famiglia Borsellino. Gli altri, dalla seconda carica dello Stato in giù, restano immobili. E non si capisce come non si riesca ad andare oltre il ruolo di presenza politica in rappresentanza dello Stato. Uno Stato ingessato e goffo. O sono i suoi uomini goffi? L’eucarestia vorrebbe dare una risposta. L’Agnello di Dio sorprende il ministro Alfano, il più giovane di colleghi e colleghe seduti accanto, con un’espressione soave eppure smarrita, i due poli che si toccano, un corto circuito che annerisce ogni cosa. Caracolla, esita, gira il capo alla sua destra, verso la famiglia Borsellino, forse vorrebbe avvicinarsi per unirsi nel rito della Comunione ma non ce la fa. Un prete gli sbuca sotto il naso con l’ostia in mano. Lui la prende e con un sospiro si risiede al suo posto tirandosi su i calzoni con un lieve inchino, più rigido e genuflesso che accorato e partecipato. Poi si mette per un po’ la testa fra le mani. La messa è finita. Andate in pace. 

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