Casco obbligatorio pure per chi va in bicicletta?
Nella prima pagina del Corriere dell’altroieri*, taglio
basso, c'è la "proposta ai ciclisti" di Scaparro che suggerisce l'uso del casco.
Non mi trovo
d'accordo e vorrei esporre il mio punto di vista.
Nell'incipit, il noto
psicoterapeuta mette due cifre per dimostrare la pericolosità del mezzo e
scrive: "nel solo 2009 i ciclisti morti in Italia in incidenti stradali
sono stati 294",.
Indi per cui, casco
obbligatorio e via a cominciare da Milano, città dove Scaparro vive e lavora.
Esempi ci vogliono. Soprattutto per la temeraria categoria dei ciclisti di cui
egli stesso – a dispetto della lontana data di nascita, anche geografica, è
nato a Tripoli nel 1937 – scrive di far parte e di cui dice: "Molto spesso
mettono a repentaglio l'incolumità propria e altrui guidando la bici in modo
sconsiderato. Facciamo come in tante altre città del mondo e rendiamo
obbligatorio l'uso del casco per i ciclisti. Vorrei che Milano desse un segnale
in proposito a tutto il Paese."
Ora, a parte che i
ciclisti generalmente hanno una velocità media modesta, come modesta è nelle
grandi città specialmente del Belpaese sia la velocità media dei servizi
pubblici che dei privati con numeri che fanno ridere (anche 12 Km/h per gli
autobus) e superiori non di molto a una bella camminata a piedi di un soggetto
allenato e in buona salute.
Un essere umano
cammina normalmente con velocità comprese fra 3 e 5 Km/h e corre fra i 10 e i
36 Km/h, la maggior parte delle automobili ha una velocità massima compresa tra
i 150 e i 220 Km/h mentre in bicicletta nelle città congestionate si pedala
attorno ai 15/20 Km/h. Certo, in un cavalcavia si potranno raggiungere i 30/40
Km/h nel verso giusto ma
nella parte in salita si può scendere anche a 5/7 Km/h. Viceversa, non per
forza il solito Suv del solito parvenu ma una Smart (beh, siamo lì) col cambio
automatico: bastano appena qualche centinaio di metri di strada libera e il
guidatore frustrato da una sfilza infinita di file code e semafori affonda il
pedale dell'acceleratore per raggiungere i 100 all'ora. E se nel frattempo
la pista è occupata dal
povero ciclista di turno e senza casco pazienza. Questi sono perlopiù
gl'incidenti che coinvolgono i ciclisti nelle grandi città. Trascinati e
schiacciati. Schiacciati e trascinati. Maciullati. Fracassati. Sbattuti su di
un palo, una vetrina, un muro. Ossa frantumate, bacini rotti e traumi toracici
a go go: un’armatura
servirebbe, altro che il casco (leggero e mai paragonabile ai veri caschi per andare in moto) attualmente in uso a
professionisti, cicloamatori amanti delle Gran Fondo e a chiunque voglia indossarlo. Oppure, la panacea
di tutti i mai (dei ciclisti): una bella pista ciclabile come ce ne sono in
Francia, Austria e via dicendo. Che è l’idea di Pierfrancesco Maran, giovane
assessore alla Mobilità, Ambiente, Arredo urbano e Verde di Milano ma, per come
scrive Scaparro: "E’ l’autunno delle promesse e delle piste ciclabili
(annunciate). A Milano l’assessore Pierfrancesco Maran vuole percorsi protetti
per almeno cento chilometri. Intento lodevole, lo dico senza ironia, ma un po'
impegnativo." Di lì il te deum
in favore di un più immediato rigore: casco subito ben allacciato.
Ma se In Italia,
secondo i dati Istat–Aci, nel 2009 a causa di incidenti stradali sono morti 667
pedoni di cui un terzo investito sulle strisce, cosa facciamo, mettiamo il
casco pure ai pedoni? Oppure diciamo a Marchionne e ai suoi colleghi di
costruire automobili che vanno al massimo a 60 Km/h.
Le città, sono i
luoghi dove avviene la maggior parte degli incidenti. Nel 2009 in Italia, per
restare all’anno preso in esame da Scaparro, che poi è l’ultimo dato
disponibile, il 76% degli incidenti si è verificato su strade urbane, causando
oltre 223 mila feriti e quasi 2000 morti. Con oltre 21 mila incidenti il mese
di luglio è stato quello più colpito, con la media giornaliera maggiore (705
incidenti al giorno), mentre nel mese di agosto è stato rilevato un più alto
indice di mortalità (2,5 morti ogni 100 incidenti), livello connesso al maggior
tasso di utilizzo dei veicoli in occasione degli esodi estivi. Non sappiamo se
le biciclette rientrano nel veicolo tipo del vacanziero italiota ma non sembra,
così, a occhio.
Sempre in Italia, et
voilà 626.760 auto blu, il numero più alto al mondo. Gli Usa, che sono secondi,
ne hanno 72 mila, la Francia 61 mila, il Regno Unito 55 mila e la Germania 54
mila. Un numero impressionante il nostro che corrisponde alla metà dei mezzi
che circolano a Milano e a un numero di veicoli che potrebbero coprire tutte le
corsie, nord e sud, della Roma–Milano. Veicoli che spesso vediamo sfrecciare a
gran velocità in qualsiasi città. Praticamente senza limite alcuno di
circolazione, di posteggio, e purtroppo con scarsa attenzione per la maggior
parte dei cittadini che invece devono (dovrebbero) rispettare leggi e regolamenti
e che comunque se presi in castagna pagano pegno.
Ma dopo
l’approvazione dell'emendamento del senatore Cosimo Gallo (Pdl) che esenta dal
ritiro dei punti dalla patente gli autisti delle auto blu il divario fra normali utenti della strada e casta aumenta e conseguentemente aumenta anche il pericolo
per chiunque si trovi a intralciare la strada di un qualunque politicante sia
esso ministro sottosegretario o chissà chi. Che facciamo, mettiamo il casco
pure a loro? Magari una camicia di forza.
Infatti, il senatore
Gallo, dopo esser stato sui privilegi pungolato, ha dichiarato: "Ma che
casta e casta! Spesso è il politico a chiedere all'autista di accelerare,
magari perché l'aereo è arrivato in ritardo e c'è un appuntamento importante:
Non è giusto che la fretta del datore di lavoro ricada sull'autista".
Nemmeno appare decente però che ci vada di mezzo la gente. La Legge è uguale
per tutti o ci sono cittadini di serie A, cittadini di serie B e cittadini (sia
pur col casco) di serie C? E poi, senza malizia ma di questi tempi la Ragion di
Stato negli onorevoli
appuntamenti spesso si arena in piacevoli appartamenti.
Chiudiamo con qualche
crudo numero.
Innanzitutto, per
completezza d’informazione e, chissà magari forniamo uno spunto per una svolta
importante a Fulvio Scaparro, il breve elenco dei Paesi che adottano il casco
per i ciclisti. Più o meno obbligatorio.
Australia, Nuova
Zelanda, Finlandia: obbligatorio per tutti; Islanda: obbligatorio fino a 15
anni dal 1999; Repubblica Ceca: obbligatorio fino a 15 anni e fino a 18
dal 2006; Canada: in alcuni Stati obbligatorio fino a 18 anni (leggi locali);
Spagna: obbligatorio sulle strade extraurbane; Giappone: obbligatorio fino a 13
anni; Usa: da nessun obbligo ad obblighi che variano da 12 anni a 18 ad obbligo
per tutti (leggi Stato per Stato); Svezia: obbligatorio fino a 15 anni dal
2005; Israele: obbligatorio per tutti dal 2007 (norma poco applicata); Sud
Africa: obbligatorio per tutti dal 2004 (norma poco applicata).
Infine, un occhio al
portafoglio, mentre il default minaccia a destra e a manca non è poca cosa.
In Europa, pedoni,
ciclisti e motociclisti costituiscono circa il 39% delle vittime della strada
e, mediamente, i Paesi a basso e medio reddito hanno un numero complessivo di
incidenti pari al doppio di quello dei Paesi industrializzati. Gli incidenti
stradali sono la prima causa di morte nei giovani di età compresa fra i 5 e i
29 anni e hanno un impatto sulle economie dei singoli Paesi superiore al 3% del
prodotto interno lordo.
Dunque bisogna capire
se l’uso del casco (e le relative stime di vendita) possa raggiungere e
superare questo maledetto 3%.
Oppure, il casco
deve girare.
* Corriere della Sera – 28/09/2011
* Corriere della Sera – 28/09/2011
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