Valzer con Bashir
Oggi ho visto un film, Valzer con
Bashir – più che altro un documentario con animazione – che mi ha fatto orrore.
Il film mi è piaciuto. Mi ha fatto orrore ciò che ho veduto. Ciò che ho
scoperto. Ciò che ho riscoperto, che però è un po’ come rinascere e quindi,
forse, nascere per davvero.
Correva l’anno 1982. L’Italia
giocava (e vinceva) in Spagna i mondiali di calcio dopo i successi del vecchio
Pozzo nel “Ventennio”. Un digiuno lungo quasi cinquant’anni che gli italiani
brava gente non potevano digerire. Di Sabra e Chatila non ne sapeva un cazzo
nessuno. O quasi.
Io ero impegnato a spupazzarmi la
mia prima e “vera” ragazza facendo avanti e indietro fra Cefalù e Palermo colla
mia bellissima Moto Guzzi v 35 Imola rossa che mi aveva comperato papà e senza
batter ciglio. Anzi, papà aveva detto alla mamma: “Certo gli fanno girare gli
occhi ai picciotti con queste motociclette”. Mamma non aveva capito.
Però, anch’io non avevo capito
subito che dietro l’entusiasmo di papà ci fossero i sentimenti, il volersi bene,
l’amore e la chiarezza e l’immediatezza di un padre che agisce d’istinto,
d’improvviso; e se viene in aiuto l’aver intascato un premio dall’assicurazione
meglio ancora: se li sarebbe potuti spendere in mille altri modi, quei soldi,
papà.
Valzer con Bashir. Che orrore il
mondo. Mentre io nel 1982 giocavo coi miei diciott’anni ad altri non era
permesso. Mentre l’Italia vinceva la sua coppa del mondo nel tripudio generale
e con l’inno al “catenaccio” tradizionale c’era una parte di questo cazzo di
mondo che nemmeno si poteva immaginare una cosa del genere. I “nostri”
giornali, telegiornali, bar dello sport, uffici e negozi erano diventati
un’immensa piazza dove ricorrevano le gesta di “Pablito” Paolo Rossi e di Marco
Tardelli con sullo sfondo la pipa di Bearzot e quella di Pertini. Il presidente
partigiano che in onore dell’Italia calcistica (e non solo) alzava le mani al
cielo al mitico Bernabeum di Madrid.
Valzer con Bashir. Quando
l’animazione diventa realtà. Quando un regista israeliano ci racconta il massacro
dei campi di Sabra e Chatila nella fumante città di Beirut.
Valzer con Bashir, ossia Bashir
Gemayel, 7° presidente della Repubblica Libanese e fondatore del Partito delle
Forze Libanesi. Alcuni lo hanno adorato, altri odiato. Per molti è stato un leader,
per altri un nemico da eliminare. Nove giorni prima che venisse inaugurato
presidente, Bashir ha presenziato la sua usuale sessione di discussione presso
l’ufficio del Kataeb in Ashrafieh. Una potente esplosione al secondo piano
dell’edificio ha ucciso Bashir insieme ad altre 26 persone.
Da quel giorno i suoi
“Falangisti” hanno cominciato a seminare terrore e morte per vendicarlo. Con
l’avallo, l’addestramento e la protezione di Israele.
Valzer con Bashir racconta tutto
questo. E molto di più. Lo fa senza attori né comparse: un’animazione scarna ma
efficace. Sorprendente. E quel che resta, alla fine, è solamente l’insensatezza
della guerra. Andateci voi in guerra – verrebbe da dire a ministri e signori
tromboni che se ne stanno col culo al caldo mentre i nostri figli muoiono e le
nostre case vengono sventrate. Andateci voi in missione di pace che oggi buona
parte dei governi occidentali si riempie la bocca di questo ossimoro. Andateci
voi.
Valzer con Bashir. Mi ha fatto
pensare molto a Pietro, mio figlio. Ha due anni. È come una gebbia piena
d’acqua che continua a scorrere, ‘sta sempre piena e quella in più tracima e
continua un’altra via, un’altra vita. Tu ti puoi specchiare in entrambe. Sono
fresche. Pulite. Chissà quanti “Pietri” c’erano nel 1982 nei campi di Sabra e
Chatila. Quante mamme, uomini, giovani, vecchi. Gebbie vuote per sempre.
Scritto e pubblicato da Alessio Gervasi su Undu Palermo il 10/04/2009
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